LUDOVICO E LA CONTESSA
da un racconto di Annibale Crosignani
regìa e adattamento teatrale Ivana Ferri
con Patrizia Pozzi e Bruno Maria Ferraro
e la partecipazione straordinaria di Annibale Crosignani
montaggio immagini e coordinamento GIANNI DE MATTEIS
organizzazione FRANCESCA GALLO
tecnico di compagnia FABIO BONFANTE
Produzione esecutiva TANGRAM TEATRO TORINO
con il sostegno del Ministero della cultura e della Regione Piemonte
LUDOVICO E LA CONTESSA è il racconto di un uomo che trascorre sessant'anni della propria vita nel manicomio di Collegno e che riesce a sopravvivere e a dare un senso alla propria esistenza (pur vissuta nell'inferno di un ospedale psichiatrico) grazie al rapporto affettivo con Contessa, la cavalla che gli fu affidata e della quale si prenderà cura per gran parte della sua vita E’ un racconto è intriso di dolcezza, verità e poesia .
Ludovico, nato nel 1930 era un ragazzo inquieto, timido e scontroso. Per una lite scoppiata per un “caso di precedenza” tra due carretti, viene portato e internato nel manicomio di Collegno e seguendo la sorte di molti altri da lì non uscirà più. Ludovico attraversa le fasi buie dell’internamento (contenimenti forzati, elettroshock, umiliazioni e violenze) tenta la fuga ma la famiglia lo “restituisce” all’istituzione. Ludovico ha una sensibilità particolare per la natura e per il rapporto con gli animali e quando lo adibiscono alla cura delle stalle dei cavalli entra in contatto con Contessa una giovane puledra. Tra loro si creerà un rapporto affettivo fatto di comunicazione, assistenza, condivisione attraverso il quale Ludovico riuscirà a trovare un equilibrio. Quindi “ la cura” per lui non sono il contenimento o gli psicofarmaci ma l’essere riuscito a trovare uno scopo di vita, la costruzione di un mondo affettivo dove riconoscersi.
Ivana Ferri ha trasformato la storia di Ludovico in un racconto teatrale. E’ la stessa voce dello psichiatra Annibale Crosignani ad introdurci in questa delicata ed emblematica vicenda. Bruno Maria Ferraro e Patrizia Pozzi sono gli interpreti di un reading spettacolo immerso nei suoni e nei colori di bellissime immagini
Lo psichiatra Annibale Crosignani è stato una delle personalità centrali che hanno contribuito alla chiusura definitiva dei manicomi, veri e propri spazi di contenzione (non di cura), luogo di abbandono e degrado (discarica sociale rende meglio l’idea) di fragili, di diversi, di persone bisognose di aiuto.
Torino, grazie a lui, giocò d’anticipo sulla legge 180 e cominciò l’operazione di chiusura di questi lager cittadini nel 1973, ancor prima dell’entrata in vigore della legge Basaglia.
Il Manicomio di Collegno, Villa Azzurra il manicomio dei bambini, Via Giulio il manicomio delle donne. Questi luoghi sono stati fino agli anni ’70 luoghi della vergogna. E perché tutto questo non accada più, anche in questo caso, è necessario mantenere viva la memoria.
Dichiarazione di Ivana Ferri:
" Da sempre ho dedicato una particolare attenzione al tema della malattia mentale. L'incontro con il Prof. Annibale Crosignani è stata la logica conseguenza di percorsi di vita e professionali paralleli che ad un certo punto convergono e si sovrappongono.
LUDOVICO E LA CONTESSA è il racconto di un uomo che trascorre sessant'anni della propria vita nel manicomio di Collegno e che riesce a sopravvivere e a dare un senso alla propria esistenza (pur vissuta nell'inferno di un ospedale psichiatrico) grazie al rapporto affettivo con Contessa, la cavalla che gli fu affidata e della quale si prenderà cura per gran parte della sua vita. Il racconto è intriso di dolcezza, verità e poesia.
E' stato un piacere per me portarlo in scena e anche una necessità, perché la Storia non va dimenticata, la Storia anche quando sembra appartenere ad un altro tempo può riemergere improvvisamente e ritornare attuale. La psichiatria ha fatto grandi passi ma sappiamo che tornare indietro, a volte è più facile che andare avanti"
Dichiarazione del prof. Annibale Crosignani:
“ Avendo ricevuto dal Consiglio comunale di Torino il conferimento del Sigillo civico, mi sono sentito in dovere morale di esprimere la mia gratitudine con un atto significativo consono al mio modo di essere e non ho trovato di meglio che scrivere un racconto sulla vita di un ricoverato del tutto eccezionale, ricca di significati psicologici, psichiatrici e sociali.
Per me psichiatra che ha passato la sua vita professionale accanto ai pazienti, con i quali ha condiviso esperienze importanti e intime, che lo hanno penetrato e formato, è più che naturale che senta il bisogno di esternare per iscritto i vissuti e ricordi che riguardano quel mondo, come hanno fatto prima di me tanti psichiatri famosi, contribuendo in questo modo allo sviluppo ed alla comprensione della psichiatria.
Di fronte a questi giganti mi sento piccolo come una formica, che tuttavia ha una sua storia da raccontare, la storia di un uomo scelto tra i 30.000 pazienti che ho incontrato nel mio lungo percorso professionale, in quanto mi ha colpito in modo profondo come nessun altro. E così ecco la storia di Ludovico, come ho saputo e potuto evidenziare in questo mio scritto nel modo più fedele ed obiettivo, rispettando la privacy del paziente, modificando solo alcuni aspetti identificativi, per tutelare il suo anonimato nel rispetto dell’etica professionale. Il racconto ha scopo di far conoscere attraverso l'illustrazione e la spiegazione degli aspetti più significativi della sua vita la tragica realtà della istituzione manicomiale, dove ha vissuto per sessant’anni, dove era facile per l’uomo perdere il lume della ragione, quando si creava un ambiente disumano, dove l’uomo, l’oppressore, in nome della scienza aveva il potere di esercitare la violenza sull’oppresso, il ricoverato inerme ed indifeso. Attraverso il racconto si intende inoltre contribuire a superare i pregiudizi e gli stereotipi negativi della malattia mentale, abbattere i muri delle incomprensioni che ostacolano l’inserimento del malato mentale nella società civile, cercando di renderla più solidale ed inclusiva.
Il racconto può favorire il processo terapeutico attraverso la narrazione esplorando le emozioni del terapeuta e del paziente, facilitando la presa di coscienza mediante la riflessione sulla strategia più efficace da attuare per la comprensione del misterioso mondo della follia.
Un altro obiettivo importante da raggiungere è quello di preservare la memoria dei fatti storici della psichiatria, valore indispensabile, conditio sine qua non, per comprendere ed affrontare i problemi dell’assistenza psichiatrica del presente.
Considerando la non facile accessibilità per la gente comune di accedere al complicato, difficile e spesso incomprensibile mondo della follia, un adattamento del racconto a rappresentazione scenica teatrale diventa certamente più agevole ed il messaggio passa più facilmente, avverandosi il detto “delectando docet”. Questa specie di miracolo è stato raggiunto con l’incontro fortunato con Ivana Ferri, regista teatrale e non solo, direttrice del Tangram Teatro, la quale ha dimostrato una eccezionale competenza e sensibilità verso il problema della psichiatria, pronta a rappresentare sulla scena la storia di Ludovico.”