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LUCREZIA

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Scrittura scenica e regia Ivana Ferri

 

Con Patrizia Pozzi

 

Voce fori scena  Bruno Maria Ferraro

Scena e luci Lucio Diana

Progetto sonoro Gianni De Matteis

Costruzione scena Maurizio Fò

Organizzazione Francesca Gallo

Direzione tecnica Andrea Borgnino

Assistenza tecnica Fabio Bonfante

Materiali audio-luci DB Sound Asti

 

Lo spettacolo è basato sulle ricerche storiche della prof.ssa Diane Yvonne Ghirardo,

dell’University of Southern California di Los Angeles

 

Un ringraziamento particolare alla prof.ssa Maria Lodovica Gullino

 

Produzione esecutiva Tangram Teatro Spettacolo prodotto per

ColtivaTo 2023Festival internazionale dell’Agricoltura di Torino

Ivana Ferri

La storia di Lucrezia Borgia, lontana dagli stereotipi che la storia ci ha consegnato, è sorprendente.

 

Una donna modernissima, capace di sopravvivere in un universo maschile di potere e sopraffazioni, capace di guidare il proprio destino e concepire un metodo imprenditoriale efficace e modernissimo per convertire terre paludose in un sistema produttivo.

 

 

Ivana Ferri propone un’originale rilettura di questo complesso personaggio, con l’intento dichiarato di sottrarla alla leggenda e alla condanna morale. Una narrazione documentata e avvincente, basata su uno scrupoloso lavoro di confronto e interpretazione delle fonti. Lucrezia si rivela in questo racconto una donna determinata che seppe destreggiarsi tra le circostanze di un destino che altri avevano scelto per lei. Nel dialogo con la sua piccola Isabella , che nascerà da lì a poco,  si dipana il racconto della sua vita e che ci svela un volto nuovo, lontano dal luogo comune che l’ha imprigionata. Una figura femminile lontana dallo stereotipo che l’accompagna finalmente restituita alla storia, protagonista del proprio tempo, emblema di quel lungo percorso verso la parità di genere non ancora concluso.. 

 

“Lucrezia Borgia, di cui d’ora in ora, la beltà, la virtù, la fama onesta e la fortuna crescerà, non meno che giovin pianta in morbido terreno” diceva di lei Ludovico Ariosto

 

Lucrezia Borgia si circondò di artisti e letterati e fu un’imprenditrice sorprendente e modernissima.

Amatissima dal popolo e dai contadini, per lasciare ai figli una vita diversa da quella che era toccata in sorte a lei, si impegnò nella bonifica delle terre paludose e incolte del ducato di Ferrara, nell’allevamento e nell’abile amministrazione di un grosso patrimonio.

Un approfondimento

 

Le fake news non sono un prodotto esclusivo del nostro tempo. Pur con mezzi di comunicazione lontanissimi dai  nostri, alcune di queste hanno viaggiato nella storia.

“Quando Maria Lodovica Gullino, alcuni mesi fa, ci raccontò il progetto del Festival ColtivaTo, mi venne subito in mente uno studio preliminare che la nostra compagnia aveva fatto nel 2015 sulla figura di Lucrezia Borgia. La fama di avvelenatrice contrapposta ai documenti storici che la individuano come una delle prime donne imprenditrici, poteva diventare uno spettacolo teatrale ed essere spunto di riflessione, sulla storia, sulla donna, sulla cura e il rispetto per il territorio.”

Così la regista Ivana Ferri racconta la nascita di questo progetto teatrale che sarà presentato in anteprima nazionale sabato 1° aprile 2023, nella sala del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, come evento all’interno della programmazione del Festival.

 

Ma perché Lucrezia Borgia? E quale attinenza ha con il mondo dell’agricoltura? Andiamo con ordine.

 

Lucrezia è la figlia illegittima di un Papa (Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia) e sorella del cardinale Cesare Borgia (conosciuto come uno dei più spregiudicati e sanguinari uomini di potere del nostro rinascimento). In questo contesto famigliare è una pedina fondamentale usata come merce di scambio sullo scacchiere politico europeo per aprire o consolidare alleanze attraverso matrimoni combinati.

Il primo matrimonio (all’età di 13 anni) viene annullato per convenienze politiche, il secondo termina con l’uccisione del marito per opera (come mandante) del fratello Cesare. E’ in questo contesto che prende forma la fama di donna fatale, di avvelenatrice. Fama consolidata nell’800 e consegnata al futuro, dall’opera letteraria di Alessandro Dumas a cui si aggiunge quella di Victor Hugo che sarà portata nell’opera lirica di Gaetano Donizetti. D’altra parte si sa che nel periodo romantico intrighi, passioni e, diremmo oggi noir, vanno per la maggiore.

Bisogna arrivare a metà del ‘900 per intravedere i primi tentativi di “riabilitazione” della figura di Lucrezia Borgia e le prime ricerche documentali negli archivi storici di Modena e Ferrara. E qui nasce la sorpresa.

Lucrezia è una donna volitiva, intelligente, bellissima. Nella sua tormentata vita ha imparato a destreggiarsi  in un mondo insidioso e buio, ha imparato anche ad amministrare le finanze. Addirittura Papa Alessandro VI (suo padre) le affidò, tra la generale indignazioni di tanti, l’amministrazione del Vaticano durante un suo lungo periodo di assenza.

Lucrezia entra direttamente nelle trattative per il suo terzo matrimonio con Alfonso d’Este, contratta una dote altissima e spunta un mantenimento annuo per la sua corte decisamente consistente. “ Sappiamo – scrive Diane Yvonne Ghirardo docente alla University of Southern California (USC) autrice delle ricerche alla base dello spettacolo – che in varie occasioni acquistò del bestiame, trafficò nel pellame e nel frumento e in altri prodotti agricoli (…) in cambio di metà dei terreni si impegnò a bonificare quelle terre paludose, a dotare di case i contadini e a fornire tutti gli attrezzi agricoli necessari.”

 

Ecco la “vera” Lucrezia. Una donna modernissima, capace di sopravvivere in un universo maschile di potere  e sopraffazioni, capace di guidare il proprio destino e concepire un metodo imprenditoriale efficace e modernissimo per convertire terre paludose in un sistema produttivo.

A noi piace immaginarla percorre quelle terre che diventeranno le “sue” terre a bordo del bucintoro, un’imbarcazione che navigava i canali paludosi e malsani. Piace pensarla, come raccontano le cronache,  amata ed acclamata dai contadini e dal popolo di Ferrara. Uno dei primi esempi di riscatto delle figura femminile della storia.

Amante delle arti, minata dalla malaria, morirà a 39 anni per le conseguenze dell’ultimo parto, lasciando interrogativi che percorreranno i secoli a venire.

 

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